Recentemente ho avuto il piacere di collaborare con Marco Maisano per una puntate del podcast quotidiano “Ma Perché?“, dove ho cercato di spiegare cosa ci sia realmente dietro la decisione del governo albanese di chiudere TikTok.
Marco ha voluto coinvolgermi perché, come tech reporter di origini albanesi, ho potuto offrire una prospettiva più approfondita sulla situazione.
Tutto è partito da un episodio tragico avvenuto l’anno scorso a Tirana, dove una lite tra adolescenti si è conclusa con la morte di un ragazzo e la spettacolarizzazione del dramma sui social network, Snapchat e TikTok in particolare. Il governo guidato da Edi Rama ha reagito prontamente, identificando i social come responsabili diretti della violenza tra giovani e decidendo di bandire l’accesso a TikTok e Snapchat per un anno.
Questa decisione, sebbene presentata come una misura protettiva dopo consultazioni con migliaia di insegnanti e genitori, nasconde in realtà una dimensione molto più politica e controversa. L’opposizione, guidata da Sali Berisha, ha colto l’occasione per denunciare un atteggiamento antidemocratico e autoritario da parte del governo, paragonando questa scelta agli anni bui della dittatura comunista albanese, quando l’informazione veniva rigidamente controllata.
La chiusura di TikTok, quindi, diventa una questione che supera il singolo episodio tragico e coinvolge il dibattito sulla libertà di espressione e sull’educazione digitale. È evidente che affrontare tematiche così delicate esclusivamente attraverso la censura non risolva alla radice i problemi sociali ed educativi che sono alla base di questi comportamenti.
Ringrazio Marco Maisano per avermi permesso di condividere la mia visione e portare alla luce questi importanti aspetti, spesso trascurati, della realtà albanese.