Recentemente, ho vissuto un’esperienza che mi ha dimostrato quanto sia potente la condivisione della propria storia personale, soprattutto quando si tratta di temi così importanti come la cittadinanza. Tutto è iniziato con un video che ho pubblicato sui miei canali social, in occasione della raccolta firme per il referendum sulla cittadinanza. In quel video, ho raccontato la mia storia, una storia di sradicamento, di attese, di difficoltà, ma anche di grande amore per l’Italia, il paese che mi ha accolta quando avevo solo quattro anni. Non avrei mai immaginato che quel video avrebbe avuto una risonanza così forte, e che mi avrebbe portato a essere intervistata da un importante quotidiano come La Repubblica.
Qui trovate il video:
La mia storia è quella di tanti: arrivata in Italia dall’Albania da bambina, ho sempre sentito di essere italiana, ma ho dovuto attendere fino al 2014 per ottenere la cittadinanza. Ho sempre sentito forte l’ingiustizia di dover dimostrare costantemente di “meritare” di essere qui. Anche i miei genitori, che pur lavorando sodo, venivano spesso trattati con sufficienza a causa della loro difficoltà con la lingua.
Il mio video non era un atto di rabbia, ma un invito alla consapevolezza. Volevo smuovere qualcosa nelle persone che mi seguono, soprattutto nei giovani, e condividere la mia esperienza con chi aveva vissuto situazioni simili. Il riscontro è stato incredibile: in tantissimi hanno firmato digitalmente per il referendum, dimostrando quanto i social possano contribuire ad accendere un faro su questioni così importanti.
Questo ha portato La Repubblica a contattarmi, per chiedermi di raccontare la mia esperienza più nel dettaglio. Nell’intervista ho potuto spiegare cosa significhi per me la cittadinanza: quel “pezzo di carta” che ti fa sentire “a posto”, che ti libera dal peso di essere sempre considerato “diverso”
L’intervista su La Repubblica è una grande opportunità per dare voce a chi, come me, ha vissuto queste difficoltà. Spero che questo possa contribuire a creare un cambiamento. La mia storia dimostra che anche una voce personale può diventare una voce collettiva, e che insieme possiamo costruire un futuro migliore. Si spera 🙂